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Intervento a: Chi uccide la poesia...

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Appunti relativi all’intervento di Roberto Maggiani alla Biblioteca Vallicelliana di Roma il 6 febbraio 2013, nel corso dell’incontro, coordinato da Eugenia Serafini, dal titolo:

 

Chi uccide la poesia: i lettori o le case editrici?

 

Ha animato il dibattito Elio Pecora

è intervenuto anche il giovane poeta Davide Cortese

 


 

 

Le pubblicazioni di poesia de LaRecherche.it si situano nel mezzo tra due opposte tendenze dell'editoria.

 

Da una parte ci sono i piccoli e medi editori, che generalmente pubblicano poesia con il contributo degli autori, a meno che non siano autori molto noti; tendono a pubblicare il più possibile per massimizzare i profitti dell'azienda, talvolta non badando troppo alla qualità dei testi. Applicano un filtro con le maglie molto larghe.

 

Dall'altra parte ci sono i grandi editori, hanno anch’essi interesse a massimizzare i profitti dell’azienda, ma a causa della loro rilevante visibilità e della notevole specializzazione su diversi canali editoriali, che gli garantisce solidità di guadagni, possono permettersi di non chiedere contributi a sostegno delle spese di pubblicazione e di tenere alta la qualità delle stesse; essi tendono a pubblicare solo autori noti da cui hanno ritorni di vendite certe. Applicano un filtro con le maglie molto strette.

 

In entrambi i casi c'è un rischio per la poesia.

Dai primi, i piccoli editori, c'è il rischio che i testi poetici immessi nel circuito editoriale, annacquino la qualità della poesia; dai secondi, i grandi editori, c'è il rischio che i testi immessi nel circuito editoriale siano sempre quelli dei medesimi autori o comunque legati a un certo modo di intendere la poesia e la ricerca poetica, si crea in tal modo un circolo vizioso e capzioso che tende a frenare ogni spinta innovativa che nasce dalla libera scrittura; si segue pertanto la solita tendenza di imporre correnti e accademie, se non addirittura vere e proprie baronie.

 

LaRecherche.it vorrebbe porsi in una condizione di libertà totale nei confronti delle due opposte tendenze di cui sopra. Non avendo come obiettivo la massimizzazione dei profitti (infatti, né l'autore né il lettore devono pagare alcunché), la pubblicazione, che avviene in ebook, non a stampa, è gratuita, e anche il download del libro è libero e gratuito… il vantaggio della pubblicazione in ebook è che l’autore può promuovere il proprio libro nelle modalità che preferisce essendo sempre disponibile on line, non ci sono i tipici problemi legati alla distribuzione nelle librerie.

 

Non abbiamo necessità di pubblicare molto per guadagnare molto, né abbiamo necessità di pubblicare autori vendibili. Per tali motivi proponiamo solo testi che rispondano il più possibile al requisito di qualità (ovviamente la qualità ha una componente anche soggettiva); peschiamo in un’ampia gamma di tendenze poetiche, da autori noti a autori totalmente sconosciuti.

 

Non essendo vincolati dai guadagni, possiamo permetterci di proporre anche autori all'inizio del loro percorso di ricerca poetica, nei quali siano  ravvisabili un serio lavoro di scrittura e potenzialità di sviluppo; ci piace investire, osare, proporre... senza il timore di poter sbagliare.

 

Tutto questo, sottolineo, è reso possibile dalla gratuità. Nessuno di noi guadagna da tale attività editoriale, avendo, ovviamente, altri lavori per quanto riguarda il sostentamento... ciò ci rende liberi dai deleteri compromessi tra il denaro e la scrittura.

 

Chi uccide la Poesia? I lettori o le case editrici? Di chi è colpa?

A mio avviso una rilevante responsabilità è insita nella tendenza alla massimizzazione del profitto in campo editoriale, anche qui, come in altri ambiti, il fatto che le case editrici vogliano guadagnare sulla poesia e sulla sprovvedutezza di certi autori in cerca di fama come poeti, appiattisce la poesia sotto il peso della banalità, soffocandola. I lettori, molto spesso, non possono che adeguarsi a tale parametro di proposta, ma pur tuttavia, anche loro potrebbero decidere ciò che si vende e ciò che non si vende, indirizzando, con le loro preferenze, ciò che le case editrici propongono.

C’è da dire che la maggior parte dei lettori non sono specializzati nella lettura della poesia e si accontentano di ciò che trovano sugli scaffali, colpa anche di un sistema educativo scolastico incapace di osare nella proposta, agli studenti, di poeti ancora viventi, è come se la ricerca poetica fosse terminata nella prima metà del Nocevento.

I lettori più esigenti, quelli per così dire specializzati in poesia, sono pochi per determinare, con le loro richieste, l’indirizzo di pubblicazione delle case editrici.

Se la maggior parte dei lettori va dietro alla moda del momento, acquistando l’ultimo premio Nobel o l’ultimo poeta morto, magari un po’ stranetto, è ovvio che troveremo gli scaffali delle librerie strabordanti di pochi nomi, sempre gli stessi.

Se poi si asseconda la tendenza di associare alla poesia temi d’amore, allora ecco fatto che le case editrici cavalcano l’opportunità proponendo tomi d’amore in vari formati.

 

Ma non dimentichiamo che nel mezzo tra editore e lettore ci stanno il distributore e il libraio, i quali hanno anch'essi una parte importante di responsabilità nel processo di uccisione della poesia. Alcuni librai hanno deciso che la poesia non fa parte della letteratura, per cui non si trova neppure uno scaffale ad essa dedicato, se non forse a livello terra, o sottoterra: in certe librerie, quando va bene, per arrivare a leggere il dorso della copertina, è necessario accucciarsi e saper stare in equilibrio o addirittura inginocchiarsi.

I librai non sono capaci di consigliare libri di poesia ai propri lettori, si preferisce la vendita facile, in tal modo non si fa cultura, ciò che invece il libraio dovrebbe saper fare.

I distributori, dal canto loro, non avendo altra esigenza che vendere e tirar via dal magazzino più libri possibile, non certo di fare cultura, eccoli a proporre ciò che le grandi case editrici propinano per vendita certa e la gran massa dei lettori richiede, testi facilmente smembrabili e digeribili; poesie che interessino la sfera affettiva di immediata comprensione.

 

Ma, oltre all’editore, al lettore, al libraio e al distributore ci sta il poeta... anzi, la persona che vorrebbe essere poeta... sì, perché parlare di persona che scrive poesie o parlare di Poeta con la P maiuscola, nel senso di persona che ha la maturità artistica e poetica adatta a scrivere ed esigere la pubblicazione di un suo lavoro, beh, c’è una notevole differenza e qui sta il vero punto debole del sistema ammazza poesia...

 

Tutti possediamo l'istinto alla bellezza e quindi alla poesia, non c’è dubbio, è una sensibilità che può essere sviluppata e affinata, quindi è potenzialmente di tutti, ma saper scrivere poesia è una dote, e un lavoro vero, richiede competenza.

Anche a scrivere poesie si può imparare, anche se non si possiede una dote spontanea e naturale immediatamente evidente, ma è un cammino lungo e impegnativo in cui bisogna saper sottostare al gioco dell'umiltà, della critica e del confronto. Ma talvolta la scrittura è come se sfuggisse di mano alla persona e sublima in presunzione, allora la fiammella della poesia si spegne, la scrittura diventa fumosa e inconsistente, ridicola, senza che la persona se ne accorga. Ecco allora che questi scrittori non capiscono perché i loro testi non vengono pubblicati, e anzi proprio per questo motivo, nonostante abbiano perso il faro della poesia, pensano di essere dei geniali ed incompresi poeti, ed iniziano così a manifestare autoreferenzialità. Ma non sono certo geniali agli occhi di coloro che, addestrati da anni alla lettura e alla scrittura e al suono della bellezza poetica, percepiscono nelle loro orecchie lo stridore della menzogna che porta con sé una poesia scritta male e voluta invece vendere come un diamante di valore ineguagliabile.

 

Ma concludo con una nota di ottimismo che caratterizza noi de LaRecherche.it: Non c’è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare (Plinio il Vecchio).

 

Ascolta la registrazione dell’incontro…

 

Nota: la fotografia pubblicata all’inizio di questa pagina è stata reperita sul

 Lorenzo Mullon - 16/02/2013 18:46:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ho letto i commenti, e sono proprio d’accordo con Domenico Morana: "Mi chiedo piuttosto che senso abbia ostinarsi a vedere e volere legati, come per natura, il fare poesia con l’attività e le produzioni editoriali".
Bisognerebbe riuscire a godere l’attimo della creazione che avviene in noi, senza preoccuparsi dell’accoglienza che le riserva "il mondo".
Sei troppo avanti, Domenico!
Quell’attimo è veramente eterno, si rinnova continuamente in noi, anche se non ce ne accorgiamo.

 Lorenzo Mullon - 16/02/2013 16:35:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Caro Roberto, finalmente ho potuto leggere il tuo intervento.
Mi intestardivo a cercarlo da una parte, quando era già disponibile in un altro luogo.
E pienamente disponibile.
In fondo, è questo il problema non-problema della poesia uccisa sempre-viva.
Oggi sono felice, perché sono caduto sul ghiaccio, e mi sono fatto male (non troppo, solo un po’). Ma questa provvidenziale caduta mi permette di apprezzare ancora di più il fatto che sono vivo, pienamente vivo.
È un miracolo che siamo vivi, ogni cosa sta andando per il verso giusto... verso, verso, verso... è il destino di cui abbiamo bisogno.
Quando mi interstardisco a pensare che qualcosa non va per il verso giusto, lì iniziano i miei dolori, le mie rabbie.
E invece, non c’è nessuno che mi perseguita, leggo ovunque delle belle poesie, delle bellissime poesie.
In fondo basta scriverne una, di poesia bella, nella vita, cosa dobbiamo fare, cosa dobbiamo sempre dimostrare, perché dobbiamo torturarci pensando che l’arte pretenda da noi più di quello che ci chiede il sole?
Ancora un caro saluto.

 Franca Alaimo - 15/02/2013 00:42:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ho letto tutti i commenti e mi sembra che la discussione sia proseguita per altre vie. Cosa c’entra lo spazio delle poesie libere?
La bellezza - scrive Roberto - si rivela da sè; e, dunque, è più semplice e facile di quel che sembra. Credo che tutti sappiano riconoscerla. Commenti: qualche commento è insignificante, è vero; però ci sono molti lettori che apprerzzano, si emozionano e poi non sanno scrivere neanche minimi pensieri critici.Anche la capacità critica è un talento.
Ma non voglio scantonare nemmeno io ( solo che certe cose che sono state scritte mi sembrano esagerate ed esaperate).
Il tema è: chi uccide la poesia? Intanto diciamo che si tratta di tentavi di omicidio, perché la Poesia non è morta e non morirà. La Poesia innanzitutto ha il meraviglioso compito ( ed è ormai solitaria in questo compito ) di salvaguardare la risonanza significante della Parola, la musica della Lingua, contro l’insignificanza e l’appiattimento dell’espressione massificata; e di creare ed aggiungere senso, così che La lingua sia un corpo vivo e bello, capace di esprimere in toto l’Uomo, in costante arricchimento.
I responsabili del tentato omicidio, poi, sono troppi ( lo dicevo a Roberto in una e-mail privata) non uno solo: editori, librai, distributori, professori, molti fra gli stessi poeti, l’appiattimento culturale, la crisi dei valori, il mito del denaro, ma soprattutto, io dico, i mezzi di comunicazione. Poiché,se la Merini, per esempio, (ottima poeta) ha venduto tantissimi libri, è perché è stata invitata più volte in Tv fino a diventare un personaggio noto ai più.
Se un libro ( anche di poesia ) venisse pubblicizzato in modo adeguato, venderebbe, e subito si metterebbero in moto editori, distributori e librai. I libri della Merini stanno sugli scaffali alti delle librerie; quelli di altri poeti, in basso ( una, due copie al massimo) talvolta spariscono fra libri molto più poderosi. Insomma la Tv e la Rai, i quotidiani potrebbero fare di più per promuovere la conoscenza dei poeti e delle poesie.
Ricordo di aver letto che, dopo il disastro delle Torri gemelle, in Usa si vendettero molti più libri di poesia; e i sociologi dissero che questo era accaduto perché gli Americani cercavano conforto nella parola dei poeti, nella medicina della Bellezza. Fu una reazione istintiva, una volontà di salvezza; anche nei lager Levi leggeva poesia e teneva alto lo spirito degli internati.
Quanto alla Recherche, funziona, mi sembra, in modo saggio: la poesia che rimane per una settimana; quelle che scivolano via alla vista, è vero,ma che rimangono sempre custodite nella pagina relativa all’autore; gli e-book che si possono leggere per parecchi giorni; e poi una serie di altre rubriche interessanti.
NOn mi sembra che il metodo debba essere corretto. C’è chi scrive poco, c’è chi scrive molto; sono scelte e percorsi personali. Insomma, non siamo ipocriti! ciascuno di noi sa valutare se stesso e gli altri, e, se adesso non lo sa fare, imparerà "per amore ( della poesia ) o per forza". Un’ultima cosa: siamo tutti poeti; la P maiscola non dobbiamo assegnarcela da soli, pur riconoscendo che c’è chi ha fatto un buon perorso e si vede; e chi è ancora all’inizio del suo viaggio ( tanti cominciano e poi abbandonano e sono, in genere, quelli che vogliono subito il successo, senza passione, senza fatica, senza sacrificio; infatti chi ama davvero la poesia, non smette mai di scriverla, anche se non la legge nessuno).
Un caro abbraccio, per finire, a Roberto, Giuliano, Maria e agli altri compagni di redazione, saggi, sinceri ed appassionati; e soprattutto a tutti i poeti che fanno vivere questa rivista in nome di un bene comune.

 Franca Alaimo - 15/02/2013 00:42:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ho letto tutti i commenti e mi sembra che la discussione sia proseguita per altre vie. Cosa c’entra lo spazio delle poesie libere?
La bellezza - scrive Roberto - si rivela da sè; e, dunque, è più semplice e facile di quel che sembra. Credo che tutti sappiano riconoscerla. Commenti: qualche commento è insignificante, è vero; però ci sono molti lettori che apprerzzano, si emozionano e poi non sanno scrivere neanche minimi pensieri critici.Anche la capacità critica è un talento.
Ma non voglio scantonare nemmeno io ( solo che certe cose che sono state scritte mi sembrano esagerate ed esaperate).
Il tema è: chi uccide la poesia? Intanto diciamo che si tratta di tentavi di omicidio, perché la Poesia non è morta e non morirà. La Poesia innanzitutto ha il meraviglioso compito ( ed è ormai solitaria in questo compito ) di salvaguardare la risonanza significante della Parola, la musica della Lingua, contro l’insignificanza e l’appiattimento dell’espressione massificata; e di creare ed aggiungere senso, così che La lingua sia un corpo vivo e bello, capace di esprimere in toto l’Uomo, in costante arricchimento.
I responsabili del tentato omicidio, poi, sono troppi ( lo dicevo a Roberto in una e-mail privata) non uno solo: editori, librai, distributori, professori, molti fra gli stessi poeti, l’appiattimento culturale, la crisi dei valori, il mito del denaro, ma soprattutto, io dico, i mezzi di comunicazione. Poiché,se la Merini, per esempio, (ottima poeta) ha venduto tantissimi libri, è perché è stata invitata più volte in Tv fino a diventare un personaggio noto ai più.
Se un libro ( anche di poesia ) venisse pubblicizzato in modo adeguato, venderebbe, e subito si metterebbero in moto editori, distributori e librai. I libri della Merini stanno sugli scaffali alti delle librerie; quelli di altri poeti, in basso ( una, due copie al massimo) talvolta spariscono fra libri molto più poderosi. Insomma la Tv e la Rai, i quotidiani potrebbero fare di più per promuovere la conoscenza dei poeti e delle poesie.
Ricordo di aver letto che, dopo il disastro delle Torri gemelle, in Usa si vendettero molti più libri di poesia; e i sociologi dissero che questo era accaduto perché gli Americani cercavano conforto nella parola dei poeti, nella medicina della Bellezza. Fu una reazione istintiva, una volontà di salvezza; anche nei lager Levi leggeva poesia e teneva alto lo spirito degli internati.
Quanto alla Recherche, funziona, mi sembra, in modo saggio: la poesia che rimane per una settimana; quelle che scivolano via alla vista, è vero,ma che rimangono sempre custodite nella pagina relativa all’autore; gli e-book che si possono leggere per parecchi giorni; e poi una serie di altre rubriche interessanti.
NOn mi sembra che il metodo debba essere corretto. C’è chi scrive poco, c’è chi scrive molto; sono scelte e percorsi personali. Insomma, non siamo ipocriti! ciascuno di noi sa valutare se stesso e gli altri, e, se adesso non lo sa fare, imparerà "per amore ( della poesia ) o per forza". Un’ultima cosa: siamo tutti poeti; la P maiscola non dobbiamo assegnarcela da soli, pur riconoscendo che c’è chi ha fatto un buon perorso e si vede; e chi è ancora all’inizio del suo viaggio ( tanti cominciano e poi abbandonano e sono, in genere, quelli che vogliono subito il successo, senza passione, senza fatica, senza sacrificio; infatti chi ama davvero la poesia, non smette mai di scriverla, anche se non la legge nessuno).
Un caro abbraccio, per finire, a Roberto, Giuliano, Maria e agli altri compagni di redazione, saggi, sinceri ed appassionati; e soprattutto a tutti i poeti che fanno vivere questa rivista in nome di un bene comune.

 Roberto Maggiani - 14/02/2013 23:24:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Non ho mai creduto all’oggettività dei concorsi e dunque delle giurie anche popolari e delle loro valutazioni, facilmente indirizzabili...
Ho espresso il concetto in due parole, forse troppo poche, ma spero che mi si capisca... ciò non vuol dire che non abbia mai partecipato a un concorso, per quanto rarissimamente e molto miratamente, e anche non vuol dire che un giorno LaRecherche.it non possa mettere in piedi un concorso di poesia o altro... Sono dunque concorde con ciò che dice Maria, ma sono nostri pareri personali. In quanto alla democrazia... diciamo che è forse il modo più civile per stare il più distante possibile dalla dittatura...

 Gian Maria Turi - 14/02/2013 19:59:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Può darsi che sia meglio come dici tu, Maria.

 Maria Musik - 14/02/2013 19:53:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Gian Maria... mi sa che non ho ben spiegato quello che tentavo di esprimere metaforicamente (... annoso problema della metafora e dei significati/significanti). Il muro lo puoi cambiare con bacheca, lenzuolo, parete, tela... (non ci sono bacheche del pianto o lenzuola di Berlino, spero). E, scusa, ma io non ho parlato mai di democrazia anche perchè è una parola che comincia a puzzare. Personalmente, ritengo che se uno ha voglia di fare una selezione dei testi che, a suo parere, giudica più di valore lo possa fare e possa commentarli ed invitare gli altri alla lettura tramite l’apposito strumento presente accanto ad ogni testo. (Per quanto mi riguarda, non mi fermo mai alla prima pagina ma vado, ad esempio, nella sezione "commenti" e sbircio quali sono i testi più commentati... a volte per il loro valore, a volte per simpatia, a volte per "spirito di corpo"). Può anche mettere segnalibri e comporre sulla propria pagina la lista di preferiti, creando così una sorta di antologia personale accessibile agli altri utenti, dando risalto alle opere che maggiormente apprezza. Può proporre alla redazione di dare "un posto al sole" ad una poesia ripubblicandola come proposta della settimana... insomma, magari a volerlo fare. Non sono, invece, troppo d’accordo con il meccanismo alla google o alla "mi piace" stile facebook perchè stimolano alcuni "istinti" un po’ bassi: faccio "videovotare" la mamma, il papà, tutta la squadra di calcetto, il nonno ed il gatto... metto un commento dal mio pc, poi dal cellulare, poi dall’i-phone, poi dal portatile, poi da quello dell’uffico, poi da quello di mio figlio, poi... ecco che un testo di scarso valore resta a galla ed il capolavoro di un poveraccio con un solo pc o tanta dignità o pochi "contatti" rimane nell’oblio. Su facebook va bene, ci sta "spammare" un po’ per aiutare chi apprezziamo a fare un po’ di marketing autogestito ma, in questo contesto, mi pare fuori luogo (parere PERSONALE e non redazionale!). Il democratico voto popolare, spesso, è una gran bella fregatura. Non trovi che anche con questo tipo di spam rischieremmo di uccidere la poesia (e anche qualcosa d’altro, mi sa!)?

 Gian Maria Turi - 14/02/2013 18:30:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

"che le faccia girare un po’ COME i post su Facebook o i siti su Google"

 Gian Maria Turi - 14/02/2013 18:24:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

In realtà ci sarebbe una soluzione democratica: aggiungere alle poesie del giorno (o muro della poesia... ma i muri sono sempre luoghi pericolosi) un logaritmo - sparo la parola - che le faccia girare un po’ i post su Facebook o i siti su Google, per cui quelle più gettonate rimangono a galla. E’ democratico, non si inficia la pubblicazione compulsiva e ci sono più speranze che i testi migliori non scompaiano subito. Ma questo è un ulteriore fardello per il webmaster......

 Ferdinando Battaglia - 12/02/2013 20:16:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Grazie Maria, mi hai strappato la commozione dal cuore. Sono uno di quel tuo "muro", umilmente orgoglioso di essere - diversamente poeta -custodito da te.

Un caro saluto

p.s. Hai scritto una poesia in forma di prosa.

 Maria Musik - 12/02/2013 20:07:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Non avevo troppa voglia di intervenire perché, come credo accada a tutti voi, questo è per me un periodo di silenzio. Leggo molto, commento poco, non pubblico quasi nulla. So per certo che questo è un tempo di maturazione, uno di quegli spazi “vuoti” in cui pensieri, parole, emozioni decantano sul fondo, macerano e si disciolgono. Verrà primavera e si vedranno i frutti. Ma, in qualche modo, mi sento chiamata ad esternare il mio pensiero. Mi pare che il dibattito si sia in qualche modo allontanato da quanto contenuto nell’intervento di Roberto, che per altro condivido in toto, per concentrarsi su la gestione (e non solo) de Larecherche.it.
Oddio, già mi pento di quel che sto per scrivere e domani, così com’è d’uopo, lascerò che mi si cosparga il capo di cenere. Ma, oggi, ultimo giorno di Carnevale, mascherata da Maria Musik, mi va di lanciare coriandoli e che si ricordi che di pezzetti di carta si tratta e non di perle di saggezza.
Per quanto mi riguarda, il giorno in cui questo sito toglierà la sezione di libera pubblicazione, lascerò la redazione: non abbandonerò mai Larecherche.it o l’Associazione (notare che le distinguo e non a caso), a meno che Roberto e Giuliano impazziscano e diventino “altro da sé” (cosa che ritengo alquanto improbabile), ma il mio ruolo nella redazione non avrebbe più senso né scopo. Amo molti fra i Poeti e gli Scrittori “laureati” (così li chiamano ed uso la parola tanto per capirci) che ci onorano e ci arricchiscono con la loro arte ma sono nella redazione per essere a servizio dell’<<arte povera>> e, anche, di quella comunicazione che neanche definirei, né si definisce, arte e che è veicolata proprio dalla possibilità di avere uno spazio da “imbrattare”. Vedo lo spazio dedicato alla pubblicazione “normata” ma non filtrata, censurata, giudicata, vagliata e tutti gli altri “…ata” come un muro di periferia dove i writers vanno a scagliare i loro messaggi. Ogni giorno, passandoci davanti, vi trovo segnacci, geroglifici incomprensibili, parolacce, semplici scritte di protesta, d’amore, di rabbia ma, anche, magnifici capolavori. Ecco: io sono il custode di quel muro. Assai di rado, mi tocca, con dispiacere, prendere la biacca e cancellare qualcosa ma, per lo più, vigilo che non arrivino né le forze dell’ordine, né quelli che credono d’essere i padroni di tutti i muri, né le squadracce, né i demolitori a tentare di riportare “il giusto ordine” sul mio bel muro. E’ un muro strano: alto… ma tutti se vogliono lo possono scavalcare, lungo… ma tutti possono girargli intorno, stratificato e costruito con antichissime pietre e con mattoni che neanche hanno avuto il tempo di solidificare. E, se disponibili, mi piace fermarmi a conversare con i frequentatori del “luogo”. Parliamo, ci confrontiamo, a volte ridiamo, piangiamo e beviamo insieme… capita anche di far baruffa ma il giorno dopo si torna a dialogare. Come tutti i luoghi d’incontro è frequentato da persone più attente e rispettose come da altre che delle poche regole se ne fregano o, che nella fretta di “usare” il muro, neanche se le sono lette. Allora, insieme agli amici di vecchia data, con pazienza, gliele leggiamo noi, le recitiamo a memoria, le applichiamo senza dire nulla nella speranza che l’esempio e la consuetudine, col tempo, diventino cultura del rispetto.
Su Larecherche.it c’è un po’ di tutto: gli e-book, le recensioni, le interviste, gli articoli, i saggi e, per ogni sezione, ci sono le persone adatte per vocazione e competenza a curarle. Il mio posto è il muro. Ecco… questo mi premeva dire.

 Gian Piero Stefanoni - 12/02/2013 10:40:00 [ leggi altri commenti di Gian Piero Stefanoni » ]

La questione, caro Roberto, non è di poco conto, se come è necessario, va affrontata a partire da quella parolina da te citata, e attorno alla quale, tutto dovrebbe muovere: la bellezza, appunto. Tema così radicale, così vasto sul quale dovremmo forse da queste pagine muovere a una discussione più ampia se ciò che davvero ci preme è quella cura del mondo che proprio la bellezza nelle sue incarnazioni con tanta intensità, a più livelli, ci mostra. Perchè il punto è proprio questo: quanta prossimità ci sta a cuore? E quanta onestà, nello specifico, è nel dettato e nella scrittura del mondo? Quanta disposizione è realmente e spiritualmente autentica (oltre un talento che va con fatica educato) nel senso di trasporto silente del peso, di condivisione tra epifania di rivelazione e confronto, e ascolto, di sangue e carne? Qui, intanto, è la prima differenza tra chi fa vivere la poesia e chi la strozza al primo vagito in un tempo della povertà che non è finito.E che dunque nelle sue urgenze e nelle sue ferite reclama più forte esigendo nella vocazione (sì vocazione, iniziamo a ristabilire la forza e la chiarezza d’ogni parola) la tensione e il coraggio di un quotidiano la cui offerta si paga- e ripaga.Ovviamente, però, la parola per nascere e vivere davvero- lo sappiamo bene- ha bisogno di volti e anime la cui risonanza è rivelatoria di quale spirito, di quale terra ogni verso è incadescenza e forma; se ancora il ritorno è possibile o la bocca è una caricatura di smorfie tanto più tra le spire di rivoli spenti.Ed allora,tornando alla cura e all’attenzione di cui sopra, ed allargando il discorso a tutto ciò che ruota attorno alla pubblicazione di un libro di poesia, dalle politiche editoriali passando dalla distribuzione all’arrivo in libreria, non posso che sottoscrivere punto per punto quanto da te e Giuliano, da Maria e tutta LaRecherche sostenuto in questo incontro (e nel concreto degli ebooks realizzato)e sul quale dunque non mi dilungo. Le posizioni le avete ristabilite bene, e nessuno di noi, sia ben chiaro, può sentirsi esente (noi poeti per primi- recensione più o meno..). Una società, una cultura, è tale a partire dall’interrogazione che ha di se stessa. Ed il discrimine, dunque, è tra ciò che si cela e cosa è manifesto, tra ciò che rompe domandando nudamente e liberamente e l’occlusione dovuta, subita entro regole- e conti- che mortificando piegano colpendo l’umano. Ma credo, altresì, a ciò che vive in poesia, l’amore vivaddio , che ha sempre i suoi canali, che smonta e ricrea, tira per la giacca e coinvolge, suggerisce, sorregge ed è limpida nella sua fatica.Ecco fatica e amore, in tutte le loro forme, umilmente e meravigliosamente presenti in questa barca che è LaRecherche e che è bene riconoscervi dietro una riservatezza che va a vostro onore.

 Lorena Turri - 12/02/2013 09:32:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

Chiedo scusa a G.Maria Turi per questa bestialità
http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Poesia&Id=14665

e per molte altre con le quali, da anni riempio le pagine de LaRecherche. Magari un commento a critica non guastava al momento, da parte sua. Forse più che un commento, un rimprovero di non prendere seriamente la poesia scrivendo oscene estemporaneità.
Conosco perfettamente i miei limiti,comunque e, per non sentirmi colpevole di uccidere la poesia, non partecipo a concorsi, non ho mai pubblicato su carta o e non ho ancora pensato di fare un ebook. Se qualcosa di mio compare qua e là è perchè qualcuno, che io ritengo molto più preparato di me, me lo ha chiesto e ho semplicemente accettato.

 Emilio Capaccio - 11/02/2013 23:09:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

Il problema secondo me risiede nello scopo che si prefigge Larecherche: che cosa si vuole che sia? Uno spazio di comune condivisione? Bene, allora perché limitare le pubblicazioni giornaliere? Non capisco il danno che arreca un autore pubblicando 20 poesie al giorno, quale pagina riempie, se nella cronologia delle pubblicazioni la più recente prende il posto di quella precedente, me lo spiegate? E poi non capisco l’allontanamento dal sito di questi "autorevoli" poeti disgustati dalla pubblicazione "sregolata" degli altri miseri autori di cui accennava Gian Maria: quale indicibile obbrobrio la loro somma sensibilità ha ravvisato? Si è liberi di leggere i testi pubblicati o di ignorarli, semplicemente!
Se poi Larecherche persegue uno scopo diverso, maggiormente selettivo, di qualità delle pubblicazioni, allora ben vengano le limitazioni delle pubblicazioni, le valutazioni della redazione preliminari alla pubblicazione e cose di questo genere, tutto quello che volete, a me personalmente va bene, basta sancirlo in regole scritte e ognuno si adegua o va via.
Un discorso a parte, invece, deve essere fatto per i "commenti" che ognuno di noi rilascia ai testi degli altri autori: inutile prendersi in giro: tutti a elogiarsi reciprocamente, io il primo e sfido chi invece sostiene il contrario; molto spesso lasciati lì per l’"obbligo" di doverli fare col timore di urtare la suscettibilità dell’altro e senza trovare il coraggio di intavolare un’analisi critica del testo, soggettiva chiaramente, ma pur sempre utile per intraprendere una discussione garbata, pacata e costruttiva intorno all’argomento. Credo che solamente in questo modo Larecherche diverrebbe un luogo di crescita e di confronto maggiore di quanto non lo sia già, ma ciò non può essere fatto dalla redazione, non può essere sancito da nessuna regola scritta, bisognerebbe che ognuno di noi virasse atteggiamento e fosse veramente "critico" nei confronti dei testi pubblicati.
In definitiva tutto sta alla base di che cosa si vuole che sia Larecherche e ogni ulteriore discussione reputo sia puramente sterile.
Aggiungo anche che sono perfettamente consapevole di aver deviato le intenzioni iniziali degli appunti di Roberto Maggiani nei quali si parlava di spazio libero e no profit dell’associazione, ma il mio commento va ad accodarsi umilmente a quelli degli altri autori, come risposta e stimolo per ulteriori dibattiti.

Saluti.

 Loredana Savelli - 11/02/2013 22:38:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

a Gian Maria.

"Perché parlare del raggiungimento di uno standard "in astratto" o di vetrina in qualche modo apparecchiata? Lo standard di chi? E una vetrina per chi?"

Sono le domande che pongo io (a te, per esempio) e non ho le risposte.
Chi stabilisce il pubblicabile? Se questo qualcuno ci fosse, dovrebbe uscire dal silenzio e dire chiaramente, onestamente, obiettivamente, con cognizione di causa (e possibimente con rispetto umano) cosa lo è e cosa non lo è.
Se questo si verificasse, la sezione "libera" sarebbe una sezione rivista e corretta, di fatto non sarebbe più libera.
Mi pare che non sia il metodo auspicato dalla redazione. Semmai si vuole promuovere il controllo reciproco dalla base, una sorta di selezione "naturale".
Quanto all’autocritica, ne abbiamo tutti molto bisogno in svariate circostanze. Trovo che lo strumento dei commenti, ammesso che il destinatario sappia ben leggere, sia anche un ottimo esercizio di autocritica. Bisogna saper fare i commenti. Si può imparare.
Mi pare inoltre che su questo sito vengano fornite varie possibilità di crescita e di confronto, attraverso la poesia della settimana, le altre poesie proposte (di Grandi o di piccoli), gli articoli, la saggistica ecc.
Tutto ciò che sfugge a tale strategia "educativa", è, ahimé, imputabile solo ai limiti individuali e alle patologie psicologiche dei singoli, che si può fare?
Certo che, io per prima, non potrei permettermi terapie lunghe e costose...


 Gian Maria Turi - 11/02/2013 22:36:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

E sia, Ferdinando! Eppure pensare che esista una "declinata fonte che non teme inquinanti" è a mio avviso davvero molto ingenuo. Gli uomini possono e sanno inquinare tutto e lo fanno, con buona o cattiva pace tua e, forse, del Maestro Morana.

 Ferdinando Battaglia - 11/02/2013 22:10:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Gian Maria, il problema non sono le regole: a quelle mi sono adeguato e mi adeguo; sono le concezioni, e su queste mi permetto il dissenso, qui o altrove sarebbe possibile. Per quanto riguarda i miei commenti, occorre rileggersi quelli precedenti, altrimenti, già spiegandomi male io, poco si riesce ad interpetare.
Si definiscano i confini, dopo ciascuno decierà da che parte andare. Per il resto, se il Maestro Morana me lo consentirà, è il suo commento che "avverto" mio, pocihè la sua è (alta) poesia (di cui mai sarò capace), che ama la Poesia, ma come declinata fonte che non teme inquinanti. Solo Poesia!

 Domenico Morana - 11/02/2013 22:00:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Chiedo scusa in anticipo se, per impazienza, uscirò fuori tema o, almeno apparentemente, andrò controcorrente rispetto ad alcuni commenti che ho letto (non ho ancora ascoltato per intero la registrazione degli interventi all’incontro del 6 febbraio scorso alla Biblioteca Vallicelliana di Roma e ho letto senza dubbio frettolosamente gli appunti presi da Roberto). Impazienza, ma, meglio, avrei dovuto scrivere sensazione d’ansia che m’ha dato già lo stesso oggetto dell’incontro: “Chi uccide la Poesia?”. Già chi la sta uccidendo? Chi è mai lo scellerato aspirante assassino? Et tu, Brute…?
Già, dall’avvento del Tempo degli Assassini profetizzato da mastro Rimbaud qualche annetto fa, di cadaveri squisiti ne sono passati sotto i ponti, qualcuno anche con le decorazioni, le fasce e i diplomi del Nobel, qualcun altro come livido annegato, semplicemente gonfio di oblio e basta.
Mi chiedo piuttosto che senso abbia ostinarsi a vedere e volere legati, come per natura, il fare poesia con l’attività e le produzioni editoriali. Ma li immaginate i rishi, i bardi, Omero, Saffo, Alceo, Anacreonte, Hafez, Dante, Shakespeare, ecc. ecc. … i … poeti, a trafficare prima con gli Dei e poi con i mecenati e poi ancora con gl’imprenditori pronipoti di Gutenberg affaristi illuminati, e infine a riconoscere la propria salma nella morgue, nell’aldilà d’ogni oscena autopsia critica? Nausea! Nausea infinita! E mi spiace, ma la vecchia squola (sì, la squola!) non m’ha insegnato nulla sul far poesia, (ma forse in tempi già sospetti: pure m’avvio alla vecchiaia!). I miei maestri li ho cercati e trovati in solitudine - i miei poeti - e d’amore scrivevano, caro Roberto, d’amore, e si chiamano Lucrezio (quello della poesia più scientifica reso pazzo da filtro d’amore) e Sandro Penna e Lorca e Li Ho e Lautreamont e Artaud e Keats, Malfilatre e Nerval e Anthero de Quental e cento e cento altri, in polvere, mummificati o putrefatti o viventi. E anche quelli a venire leggo, anche quelli che nasceranno. Il poeta di casa era Clasio, il buon Clasio, declamato “par coeur” dalla buonanima che non si stancava di ripetermi che “carmina non dant panem” (ciao, Lorenzo!). Sarà forse per reazione a questo che scelsi di riempire di carta stampata il mio vuoto piuttosto che comprare una casa per me, sognando di sfamare la poesia. Quanto a LaRecherche, trovo perfetto il richiamo di Roberto ai principi a cui si è ispirato nel concepire questo spazio assieme a Giuliano Brenna, con la condivisione di Maria Musik e Franca Alaimo e di noi tutti. Né più né meno. Sono felice di scrivere qui il mio “journal” d’amore, sì d’amore, d’amore… Una due volte al dì poco importa… E vi leggo spesso delle poesie magnifiche, che puzzano, puzzano ineducate d’anima e corpo… Il profumo decantato e calibrato d’una koinè m’interessa ben poco… Solo “Corps et biens”, come voleva Robert Desnos…
E va bene anche un culo smerdato di pargolo, se puzza finalmente di poesia…
Credo che alla fine che la poesia non possa essere uccisa da nessuno… è un finto (vero) problema italiota… Altrove sono lettori ed editori che si interessano al fare poesia, e i poeti invece si concentrano per fare la miglior poesia di cui son capaci, affrancati dalla vergogna come dall’orgoglio di volersi poesia.
Mi viene in mente, sull’onda di un’improvvisa commozione, Franco Beltrametti. Che meraviglia essere poesia! Già, ma lui era svizzero. Io sono siciliano, ma l’ho scritto da qualche parte tempo fa, per me stesso: “Vuol esser poeta? Sia poesia!".
Un buon altrove, la Svizzera, se non che, Beltrametti, nella mia terra desolata si sentiva proprio come a casa sua…
Chiedo ancora scusa per le chiacchiere a vanvera… adesso mi sento quasi mortificato per questo sproloquio senza capo né coda…
:(

 Gian Maria Turi - 11/02/2013 21:52:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Carissimi, leggo nei vostri commenti un po’ di risentimento per la mia proposta di revisione delle regole di pubblicazione. Non mi pare però di avere detto che LaRecherche debba diventare il censore della poesia, ma spesso si confonde la "democrazia" (che è una convenzione politico-sociale) con qualcosa di orgiastico. Ora che questo sito sia "democratico" è vero e non è vero, dal momento che le scelte editoriali sono gestite da qualcuno e non da tutti e a me personalmente sta benissimo così. E’ democratico il fatto che ognuno pubblichi quello che gli pare, nelle forme e quantità che gli pare? Ognuno si risponda da sé.

E non mi pare, caro Ferdinando, di avere proposto un "Comitato Etico", come lo chiami tu, ma semplicemente un "limite editoriale di prevenzione caotica", che poi ognuno potrà gestire come meglio crede: e se nelle sue 2 poesie settimanali vuole pubblicare versi sui culetti dei bimbi, vabbè, affari suoi, magari un giorno anche io capirò la poeticità dei loro culetti raccolta in un Pampers... Ti dirò, caro Roberto, io so già di alcuni che riscontrano lo stesso mio problema e qualcuno già non appare più sul sito ed è un vero peccato perché sono perdite, e non lo dico come una minaccia ma è davvero un consiglio amichevole. Poi, caro Wolf, dal mio modestissimo punto di vista, domande quali "che cosa è la poesia?" o anche "chi uccide la poesia?" sono domande oziose, è un menare il can per l’aia. Come continuare a chiedersi di chi è colpa la crisi economica? Qualcuno fa delle cose, la maggior parte non fa niente e sta a guardare. Chi fa qualcosa "controcorrente", come LaRecherche, fa qualcosa e Dio volendo produrrà dei risultati. Ma le cose cambiano... e magari le regole di 4 anni fa non sono più attuali, vanno riviste. Le regole sono come le poetiche, si fanno e si disfano e si rifanno e si ridisfano... E non sono regole per escludere nessuno, caro Ferdinando, non facciamo qui lotta di classe né siamo in cerca della Verità. Al secondo problema rispose già Ponzio Pilato, un grande filososo misconosciuto; riguardo al primo, la lotta di classe è morta nel momento in cui la borghesia ha imborghesito (ma per finta, peccato che non se ne sia accorta) la classe lavoratrice, ma di questo ci insegnò già Pasolini, un ottimo poeta non dimenticato. Infine, cara Loredana, perché parlare di reggiungimento di uno standard "in astratto" o di vetrina in qualche modo apparecchiata? Lo standard di chi? E una vetrina per chi? Come suggerisce Roberto la poesia richiede cultura - anche se in merito all’onestà non so bene cosa intenda, ma se capisco il suo pensiero non lo condivido totalmente, perché mi fa pensare (come diceva Fortini in un’intervista: http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=299) che "Scrivere versi diventa un modo rapido, un modo economico e, ahimé, un modo illusorio di risparmiarsi una crescita psicologica o un trattamento psicanalitico". Ma la cultura non è estemporaneità - certo, la maturazione di uno scrittore si fa per gradi e per tentativi e con l’aiuto di qualcuno che sappia discernere il meglio dal peggio, come ci si auspica succeda su questo sito per quanto più spesso (ma non affatto sempre!!!) non si vada molto oltre lo scambio dei complimenti o, peggio, il commentino distratto tanto per dire di averlo scritto. L’ho fatto anche io, sono colpevole di superficialità e di poco rispetto. Ed è per questo che mi sono modestissimanente permesso di suggerire una revisione delle regole di pubblicazione, mica per fare del fascismo di facile consumo. Anche perché cosa c’è di più fascista della mancanza di regole, del non rispetto delle poche regole richieste e dell’arbitrio individuale?

 Luciana Riommi Baldaccini - 11/02/2013 20:10:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Ho riletto con attenzione l’intervento di Roberto, perché sono rimasta sorpresa e colpita dai commenti che ne sono seguiti. La mia impressione era stata che Roberto sottolineasse come un valore il clima di libertà che si respira in questo sito. Anche la domanda di Loredana mi ha sorpreso: che cosa si vuole fare di questo spazio, che cosa si vuole che sia. Secondo me va bene così com’è, ma semplicemente rispettando le regole, che oltre tutto sono anche a vantaggio di chi scrive. Confesso che io sono un po’ (ma non troppo!) infastidita quando vedo qualcuno pubblicare di fila 4-5 o anche 6 testi, riempiendo quasi tutta la pagina...(e non mi viene voglia di leggerli, ma questo è un fatto personale!) e poiché si tratta in genere di nuovi iscritti, basterebbe avvertirli di una limitazione(due testi al giorno) che forse non ha grande rilievo grafico.
Il benessere che credo tutti noi viviamo qui a LaRecherche è dato dal reciproco rispetto e dalla possibilità di confronto.
Forse dovremmo approfondire di più il tema di che cosa sia "poesia" - e sono d’accordo con chi ricordava che riguarda diversi ambiti e implica un modo di vedere, e soprattutto un modo di essere - ma questo non per definire chi sia poeta e chi non lo sia, tantomeno con la P maiuscola. Solo per collocarci in maniera più chiara nel panorama culturale o, più modestamente, nel nostro personale laboratorio di scrittura.
Se qualcuno ha voglia di leggersi l’articolo che ho indicato potremmo forse trovare altri temi di discussione e cercare nel contesto culturale più ampio il nemico da combattere. Non qui, dove sinceramente non ho mai percepito nessun atteggiamento giudicante o discriminatorio. Là fuori, dove impera la cultura del nulla, c’è il vero assassino, della poesia, della letteratura, della cultura in senso lato.

 Roberto Maggiani - 11/02/2013 19:49:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Personalmente ritengo che LaRecherche.it debba rimanere un luogo di libera scrittura e confronto in cui si cresce insieme, imparando a gestire gli spazi comuni secondo una educata convivenza, senza appropriarsi di spazi non nostri, ognuno deve sapersi gestire... Non è facile crescere insieme, soprattutto quando i punti di vista sulle cose sono differenti, quando, talvolta, il solo fare un commento critico su un testo, che non riguardi la persona ovviamente, può rischiare di essere preso in modo negativo. Io per primo scrivevo, all’inizio della mia scrittura in versi, tantissimo, preso da una intestina necessità di esplosiva manifestazione poetica, se avessi avuto, all’epoca, un luogo come larecherche probabilmente avrei scritto molte più poesie di tutti quanti voi messi insieme... solo con il tempo ho imparato ad attendere e a non fidarmi di me stesso e ad aspettare di vedere bene i miei scritti sotto più punti di vista prima di proporli; ma ho comunque avuto la fortuna di avere qualcuno a cui inviare i miei testi in lettura, qualcuno che facesse delle righe sopra i versi scadenti e banali, dicendo "no, questo proprio non va bene". LaRecherche.it dovrebbe, con semplicità e discrezione, essere questo, almeno per coloro che lo vogliono, ma coloro che sono iscritti, avendo letto e accettato le regole, dovrebbero volerlo.
Non tutti siamo in grado di fare discretamente un lavoro critico sulle poesie degli altri - non siamo capaci sulle nostre, a volte, perché dovremmo esserlo sulle poesie degli altri? Però è giusto lasciare i nostri commenti, è giusto credere che il nostro modo di vedere la poesia sia tra i più belli...così come è giusto che pensiamo che le nostre poesie siano tra le più belle, perché scrivere poesie significa anche sognare, e sognare, lo sappiamo, ci mette in contatto con l’irreale, con ciò che forse il nostro inconscio vorrebbe reale.
Ebbene, io mi sento un po’ responsabile per non riuscire sempre, quasi mai ultimamente, a commentare, gli impegni invisibili de laRecherche.it sono molti... Dunque, come sempre, chiedo a tutti noi la grazia dell’onestà davanti alla poesia; se un verso non è bello o banale, va detto, per bene, con la giusta grazia, ripeto, per bene, ma va detto, magari dicendo "...secondo me...", "...a mio modesto avviso...", "...in base alla mia sensibilità..." o, che so io, qualsiasi altra formula che abbassi la nostra presuntuosa arroganza e ci metta davanti all’altro come davanti a qualcuno che forse non abbiamo ben compreso, ma per noi, al momento, è così. Magari l’altro vedrà all’improvviso come noi, magari non aveva pensato quella data cosa, gli era sfuggito quel dato punto di vista che gli proponiamo, e allora si apre un confronto sulla scrittura; o magari l’altro dice che non è d’accordo e allora darà forse le sue motivazioni, forse saremo noi a cambiare e a vedere diversamente una data poesia che prima ci sembrava brutta...
La poesia chiede onestà e molta, molta, moltissima lettura di altra e grande poesia.

 Ferdinando Battaglia - 11/02/2013 19:42:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Oppure si potrebbe istituire un "Comitato Etico" che curi una lista di proscrizone per le espuilsioni ma, Vi prego, non trattenete nessuno come "animale da fiera".

Anch’io, un saluto a tutti.

 wolf - 11/02/2013 19:39:00 [ leggi altri commenti di wolf » ]

chiedo scusa per un "di" di troppo nel mio commento :)

 Wolf - 11/02/2013 19:31:00 [ leggi altri commenti di Wolf » ]

Caro Roberto, lo stesso problema che avete sollevato durante l’ incontro alla Vallicelliana si può riscontrarlo anche in campo musicale e probabilmente in altri ambiti artistici... Pongo la domanda: <<che cos’è la poesia?>>. Credo forse sia meglio aprire spesso questa discussione fondamentale che è alla base di un modo di sentire e di vivere, proponendo scritti, opere e gesti altrui, piuttosto che invitare qualcuno (probabilmente ignaro che si parli di proprio di lui...) a limitare la propria iperproduzione! E poi teniamoci pure qualche esempio bieco e qualche nota "fuori" per non rischiare di annoiarci troppo! Un saluto a tutti.

 Ferdinando Battaglia - 11/02/2013 19:25:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Il paradosso degli essere umani: si rifutano le chiese di Dio per aprire quelle degli uomini. Qui non si discute il tema della qualità, ma il tema della libertà (in questo caso in conformità a regole proposte e liberamente accettate), che può anche includere scrivere su temi "banali" (fermo restando che la stessa tesi applicata ad un poeta ritenuto mediocre, improvvisamente diventerebbe l’opposto se l’autore ricevesse l’osanna della critica; e poi, chi dice che cosa è banale e che cosa non lo è? La poesia tutto trsforma). E’ evidente che tutto ciò che si scrive e si pubblica non è degno di chiamarsi poesia (chi scrive è un non poeta) e che senz’altro l’autogestione dello spazio concede maggiore facilità d’impulso alla scrittura: ma è questo il male? No! qui non è in gioco l’amore per la vita della Poesia, ma l’antico "vizio" di classe, che tende all’esclusione e non all’inclusione, a creare cate e non democrazia, a recintare gli orti e non acondividere le risorse. Qui è ancora in atto la divisone tra lavoro intellettuale e manuale, dove è facile ad alcune classi coltivare le Belle Arti, mentre le altre per farlo dovrebbe essre dei geni in partenza. Mi rendo conto che sto esagerando e semplificando, però Voi, che siete più preparati ed intelligenti di me, aiutatemi a chiamare le cose per nome: la Poesia muore per mancanza di Verità,non perché qualche improvvisato scrittore deturpa le Lettere con la propria scrittura. Infine, la poesia è meno importante di ogni persona, questo è il valore aggiunto de "LaRecherche", il rwesto mi dà i brividi e il disamore per la Poesia, e non solo.

p.s. Versione non riveduta e corretta, non esauriente il discorso e inadatta all’leganza della scrittura.

 Loredana Savelli - 11/02/2013 18:40:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Chissà quante volte ho ucciso la poesia!
La redazione potrebbe certamente intervenire per limitare il numero delle pubblicazioni a meno di due al giorno. Ad oggi non lo ha ancora fatto. E’ sacrosanto attenersi alle regole date.

Ciascuno vede ciò che è in grado di vedere, si autocensura nella misura in cui è in grado di farlo, spesso da soli non si riesce e può funzionare molto bene il confronto rispettoso.
Ritengo bello che ci sia un luogo dove si impara sbagliando: è come a scuola, quando ci sono insegnanti accoglienti che sanno gestire le dinamiche, valorizzare i talenti e portare tutti ad un successo proporzionato alle capacità personali: conta molto di più il percorso personale che non il raggiungimento di uno standard "in astratto".

Forse la domanda di fondo che bisogna farsi è: che cosa si vuole che sia Larecherche, nella fattispecie la sezione delle poesie "giornaliere": un laboratorio reale o una vetrina in quache modo apparecchiata?
Ho molto apprezzato l’articolo.

 Luciana Riommi Baldaccini - 11/02/2013 17:47:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Concordo con quanto dici Roberto, ma per risponderti più estesamente ho messo nella sezione "articoli" un mio scritto pubblicato l’anno scorso sulla rivista "Fermenti", dove parlo in generale dell’editoria e della letteratura, ma il discorso è facilmente riferibile anche alla poesia.
Mi associo a Gian Maria quanto alla "quantità" dei testi pubblicati su LaRecherche, anche perché spesso i nuovi arrivi neanche si attengono al limite di due poesie a giorno.

 Gian Maria Turi - 11/02/2013 17:40:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Condivido direi in toto la carneficina descritta da Roberto, soprattutto perché non mi pare dimentichi nessuno dei poesicidi. E proprio per il modo aperto e non censorio che ci si può permettere solo laddove non si insegua il tornaconto, ho apprezzato il sito de LaRecherche dal momento in cui l’ho conosciuto. Mi sentirei solo di fare un suggerimento di qualità ai membri del Consiglio Direttivo, perché spesso dove si lascia campo libero entrano i barbari: oggi LaRecherche suggerisce che ogni autore si limiti a pubblicare 2 al giorno, e sono troppe. Spesso poesie bellissime vengono sommerse e cancellate da una flusso ininterrotto di scritture sciatte e irrilevanti. Non dico con ciò che bisognerebbe tornare a un sistema censorio ma fare in modo che gli autori si "autocensurino", che controllino meglio quello che pubblicano, che insomma non mettano online bestialità sull’odore del culetto dei bambini (o roba del genere) come mi capitò di leggere tempo fa. Forse se si limitasse la pubblicazione a 2 poesie alla settimana si riuscirebbe a preservare meglio ciò che vale, forse gli autori non si farebbero prendere dall’ansia del presenzialismo e la qualità generale dei testi presenti su questo sito ne trarrebbe giovamento.

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